La passione per il fuoristrada, l'autoscuola, la politica e la nomina in Fia.
"Sognavo la Dakar, non potevo partecipare, l'ho portata a Pordenone"
Tavella, il bambino che amava i motori ora è a capo nel mondo del Cross Country Baja
Sono passati 35 anni da quando aiutava suo papà Giovanni ad organizzare l'Orientamento Notturno, che si svolgeva sui greti del Cellina_Meduna. Nel mezzo, una prova mondiale come l'Italian Baja ( il mio terzo figlio), svariate gare di cross-country, alcuni rally.
ne ha fatta di strada Mauro Tavella, imprenditore, classe 1965, se si considera che il Consiglio Mondiale della FIA l'ha eletto con voto unanime alla guida del Comitato Cross Country Baja. Un pordenonese, partito dal nulla, miscelando tenacia e capacità è stato in grado di arrivare a capo della specialità a livello iridato.
Partiamo con una battura: ha già il suo ufficio a Parigi, sede della FIA?
"Non ancora (sorride). Vediamo in futuro"
Dato che ha raggiunto il vertice, la domanda è inevitabile: comè nata la passione per i fuoristrada?
"Nei primi anni '60 mio papà lavorava alla Base di Aviano. Allora s'innamorò della Jeep. Dal 1975 al 1980, tra l'infanzia e l'adolescenza, mi parlava solo di questo mezzo, con cui si poteva fare tutto. Nel 1980 trovò un rudere di una Jeep Willys del 1943. Tra il 1981 e il 1982 l'aiutai a smontarla tutta. Venne ricostruita e funzionò. Realizzò il suo sogno. Ricordo ancora la targa : PN43993. E il 1° marzo 1983, assieme a Bruno Bavaresco, Omero Nadalutti, Maurizio Boraso e Giancarlo Fedrigo fondò il Club Fuoristrada 4x4 Pordenone, l'associazione che ancora adesso organizza l'Italian Baja".
Lei entrò subito a far parte di questo meccanismo?
"Arrivò poi Renzo Pazienti, mister Tulipano. Io arrivai in qualità di partecipante. Vinsi, nel 1984, la gara di orientamento notturno con una Renegade. Ero assieme al mio amico Andrea Vignola. Con lui, lo stesso anno, mi diplomai al Kennedy. Successivamente mio papà mi disse che dovevo essere io a prendere in mano l'evento, ma dall'altra parte della scrivania. Poi arrivarono l'Endurance, Piancavallo e il Raid del Friuli"
Fino all'Italian Baja del 1993.
"Una corsa rimandata tre volte: nel maggio 1992, nell'agosto del 1992 e nel marzo del 1993. L'8 marzo andai dall'assessore regionale Adino Cisillino, che mi negò l'autorizzazione. Avevo 28 anni. Gli dissi che volevo sapere se nella vita potevo o no fare l'organizzatore di una gara. Mi rispose che non dovevo preoccuparmi, avrei potuto imbastire la prova. Mi strinse la mano. E fu di parola. A maggio, infatti, mi chiamarono da Udine, dovevo solo portare la marca da bollo da apporre sull'autorizzazione. Feci un salto incredibile dallo gioia".
E' vero che l'Italian Baja è il suo terzo figlio?
"Si, perchè per questa manifestazione ho sofferto e gioito tanto. Nel dicembre 1994 ricevetti un avviso di garanzia. Mi si accusava di aver corrotto l'allora assessore Tiziano Chiarotto per ottenere il decreto autorizzativo regionale per organizzare la gara. Venne poi emessa la sentenza di non luogo a procedere. Nel 2004, dopo un periodo in cui la corsa era cresciuta tantissimo, a pochi giorni dal via, la Regione non ci fece disputare la gara per motivi ambientali. Ripartimmo dalla Sardegna, quindi tornammo in Friuli. Ma ricordo anche il fax che ricevetti dalla FIA nel 1993: eravamo tra i candidati a entrare nel mondiale. Il rotolo della carta avanzava e, a un certo punto, vidi il nome dell'Italian Baja. Fantastico".
Grazie alla sua creatura entrò proprio in FIA nel 2011. E dopo 10 anni è diventato presidente del Comitato Baja.
"Prima ho fatto parte del Working Group per regolamenti e strategie, mentre dal 2015 sono stato membro permanente della Commissione Cross Country. Ora avrò in mano la gestione globale della specialità. Come primo aspetto è stata imbastita la Coppa del Mondo Baja, a cui appartiene l'Italian Baja. Ho poi creato il Campionato Europeo di specialità e, da dicembre, comincerà il Campionato del Medio Oriente. Spero di poter... mettere in piedi anche un trofeo di identico valore in Sudamerica".
Nel suo comitato ci saranno 25 persone?
"Si, in rappresentanza di quattro continenti (manca l'Oceania). Lavorerò tra Parigi e Ginevra, dove andrò in cinque occasioni l'anno. Se seguirò tutte le corse all'estero? Cercherò di assistere dal vivo almeno una volta a tutte nel corso del mio mandato, che durerà sino al 2024 se sarà eletto un presidente della FIA legato a Jean Todt".
E' vero che, prima di tutto, lei voleva essere al via della Dakar?
"Si, ma non avevo i mezzi per farlo. Allora ho portato la Dakar a Pordenone. Per l'Italian Baja ho sputato sangue, ma sono contento di aver allestito nel mio territorio un evento che porta enormi benefici economici. Non a caso le varie amministrazioni regionali, da quella di Tondo arrivando a quella di Fedriga, passando per quella di Serracchiani, mi hanno appoggiato. Le sfide sono la cosa più bella al mondo e io voglio vincerle. Non mi interessa partecipare".
Tavella è al vertice della politica automobilistica. Punta ad arrivare al vertice anche di quella regionale?
"Nel 2023 mi piacerebbe candidarmi al ruolo di consigliere. Investirei ulteriormente tempo, ma se fossi eletto lo potrei fare solo grazie a mia moglie. Tamara è il mio braccio destro nell'attività imprenditoriale. E' una donna che i miei concorrenti non hanno. La conosco dal 2001, era venuta in autoscuola per conseguire la patente della moto. Non l'ha ancora pagata, però (sorride, ndr)".
L'ultima domanda: vorrebbe ritrovare quella Jeep Willys, da cui è nato tutto?
"Come no, mi piacerebbe moltissimo".
Intervista di Alberto Bortolotto.